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Frasi proverbiali contro la doppiezza

di Franco Salerno

Numero 241 - Giugno 2023

Viaggio, nelle opere della letteratura latina, tra vanagloriosi e spie di guerra, alla ricerca dei valori della Verità e dell’Onestà


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“Politically correct” è un’espressione angloamericana che designa un orientamento ideologico di estremo rispetto verso tutti, con il quale si cerca di evitare ogni minima offesa verso determinate categorie di persone. Spesso, però, doppiezza e ambiguità si celano dietro questo comportamento, mantenuto spesso per abitudine o conformismo. -taglio- La cultura classica ignorava naturalmente l’espressione angloamericana, ma conosceva bene la doppiezza che è spesso alla base di essa. E proprio sulla doppiezza vorrei concentrare le riflessioni che seguono. Cominciamo con una scena, riportata nell’ ”Aulularia” di Plauto, in cui Euclione palesa la sua diffidenza verso le offerte di Megadoro (questo nome è un “nomen-omen” o “nomen loquens”, in quanto significa in greco “grande dono”). Ed Euclione pronuncia una frase divenuta poi proverbiale: “Con una mano porta la pietra, con l’altra ostenta il pane”. Finge, cioè, di aiutare e invece scaglia la pietra. I succitati concetti sono incarnati in Plauto anche da altri personaggi, ad esempio nel “Miles gloriosus”. Il nome di uno di essi è tutto un programma: Pirgopolinice, che significa “l’espugnatore di fortezze e città”. Al suo fianco c’è un parassita, che disprezza il suo padrone, ma è costretto a vantarlo. Si chiama Artotrogo, cioè “il mangiatore di pane a sbafo”. Il dialogo fra i due è un elenco di assurdità. Il vantone esige che il parassita esalti le sue false prodezze: come quando “spezzò con un solo pugno una coscia ad un elefante” o “uccise settemila nemici in un giorno solo”. Peccato che, nella sua più eroica battaglia, gli si spuntò la spada, altrimenti avrebbe fatto una carneficina! -taglio2- E non è finita, perché l’espugnatore di fortezze è anche un espugnatore di cuori femminili: le donne -così si illude lui- vorrebbero vederlo sfilare come un modello di oggi per sciogliersi in brodo di giuggiole. La falsità, secondo i Latini, era un vizio diffuso ed essi la attribuivano -in modo politicamente scorretto- come caratteristica di stirpe ai Greci. Si ricordi la celebre frase “Timeo Danaos et dona ferentes” (“Temo i Greci anche quando portano doni”, “Eneide”, II, 49), pronunciata da Laocoonte (etimologicamente “guida del popolo”), il quale non riuscì in alcun modo a convincere i Troiani a vietare l’ingresso nella città di Troia al celebre cavallo, che invece realmente conteneva nella sua pancia il meglio degli eroi greci, i quali distrussero, una volta dentro le mura, la città nemica. Dall’altra parte c’è invece il greco Sinone, il quale, recitando la parte del disertore (falso), riesce a porsi come persona credibile, nonostante il suo discorso sia ambiguo e traballante: egli anticipa la moderna spia di guerra, in quanto accusa falsamente i commilitoni di avere subìto da loro un complotto contro di lui. Scrittore sublime è, invece, Virgilio, che si avvale anche di personaggi squallidi per tessere la trama di un Poema che esalta la Virtù, la Fede, l’Humanitas.





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