Il Fine Vita: medicina, filosofia e giurisprudenza in esclusiva con il Prof. F.P. Adorno e il Prof. Massimo Reichlin
“Fine Vita” al centro del Convegno promosso dall’Ordine dei Medici di Salerno, Presidente dott. Giovanni D’Angelo. Dopo l’introduzione del dottor Bruno Ravera sono seguite le relazioni dei filosofi Francesco Paolo Adorno dell’Università di Salerno e Massimo Reichlin dell’Università Vita-Salute San Raffaele Milano, del dott. Elvio De Blasio, anestesista, del professor Pierantonio Muzzetto, Presidente Ordine dei Medici di Parma e del professor Giovanni Maria Flick, Presidente Emerito della Corte Costituzionale. Incontriamo a conclusione dei lavori i filosofi Adorno e Reichlin.-taglio-
Sentiamo spesso parlare di bioetica ci spiega che cosa significa?
Adorno: “La bioetica è un insieme di riflessioni sul tipo di comportamento, i principi morali, le giustificazioni di questi principi e di questi comportamenti, da adottare in quei momenti specifici e particolarmente delicati dell’esistenza umana che sono la nascita, la morte e la cura intesa in senso largo. Chiaramente la bioetica ha anche altri campi di esercizio: la sua riflessione riguarda le modalità di sperimentazione di nuovi farmaci, la prevenzione, ecc. Quello che è importante sottolineare è che la funzione della bioetica non è di dire quello che è giusto fare oppure no in situazioni in cui sono implicati personale medico, pazienti o loro famiglie, ma di svolgere una riflessione teorica che mette in evidenza tutti gli aspetti di questi momenti particolari dell’esistenza.” Reichlin: “La bioetica è la riflessione filosofica sulle questioni morali e giuridiche emergenti dallo sviluppo delle scienze e delle tecnologie biomediche; si interroga perciò sui diritti e sui doveri dei diversi soggetti a vario titolo coinvolti nella pratica clinica e nella attività di ricerca scientifica che coinvolgono soggetti umani. Svolgere una riflessione filosofica su questi temi significa chiedersi quali regole, principi o valori siano maggiormente adeguati per affrontare questi dilemmi, quali abbiano dalla loro le migliori ragioni e possano quindi dirsi razionalmente giustificati.”
Quando si parla di Fine Vita?
Adorno: “Si parla di fine vita a proposito di una persona che si trova in uno stato patologico che non lascia prevedere un esito favorevole dal punto di vista clinico. Anche se il suo stato è stabilizzato grazie a interventi esterni, la situazione in cui si trova questo tipo di paziente può fargli considerare che la sua esistenza, d’altra parte senza possibilità di remissione, è insopportabile, anche perché, a causa di questi stessi interventi esterni, è privata contemporaneamente della maggioranza o di tutte quelle caratteristiche che la rendono desiderabile. In questo caso e con tutte le precauzioni del caso, precisamente enumerate recentemente dalla Corte Costituzionale a proposito del caso di DJ Fabo, la persona che si trova in questo stato ha il diritto di far ascoltare la propria volontà, espressa secondo le modalità di legge, rispetto alla continuazione o meno della sua esistenza che egli stesso ritiene diminuita o insopportabile. Si tratta come si capisce di un problema estremamente complesso tanto da un punto di vista clinico, quanto teorico e soprattutto umano.” Reichlin: “Ci si riferisce alle scelte relative all’attivazione, non attivazione o sospensione di presidi terapeutici nelle fasi avanzate della malattia, particolarmente nelle situazioni in cui la non attivazione o la sospensione di un intervento terapeutico può incidere in misura significativa sulla durata della vita di un paziente, o sulla qualità del tempo che gli rimane da vivere. Una simile discussione può riguardare sia le scelte compiute da un paziente attualmente in grado di prendere decisioni su di sé, sia le scelte eventualmente compiute in anticipo da un paziente, in vista di una futura condizione di incapacità decisionale. Entrambe le situazioni sono state affrontate dalla legge 219 del 2017 che costituisce un punto di riferimento indispensabile per il contesto italiano, assieme alla legge 38 del 2010 che già-taglio2- garantiva il diritto di accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore.”
In termini filosofici come andrebbe affrontato questo momento?
Adorno: “Fin da Socrate la filosofia ha suggerito che questo momento va preparato: ora, grazie alla legge 219 del 2017 lo si può affrontare con più serenità, per quanto possibile, poiché sono stati ridotti i margini di incertezza rispetto al modo in cui si verrà trattati. Le dichiarazioni anticipate di trattamento garantiscono che anche in questo momento di grande vulnerabilità e quasi certa totale dipendenza, la propria dignità sarà rispettata e si rimarrà soggetti della e alla propria volontà e non a quella altrui. Vorrei sottolineare due punti: il primo è che chi non si trova in queste condizioni, avendo comprensibili difficoltà a capire come sia possibile scegliere di morire invece che continuare a vivere, giudica negativamente le persone che hanno fatto questa scelta. In secondo luogo, uno dei valori fondamentali delle nostre società è l’autonomia individuale. Ebbene penso che sia necessario difendere la libertà di scelta.” Reichlin: “Il valore che, a mio avviso, dovrebbe orientare le decisioni nell’etica di fine vita è quello della dignità del paziente. Tale dignità comporta, in primo luogo, il rispetto per la sua autonomia e quindi per la capacità di prendere decisioni libere sulla propria salute e il proprio decorso terapeutico, alla luce di un’adeguata informazione e di forme appropriate di sostegno psicologico. D’altro canto, tale dignità richiede anche che si forniscano al paziente tutte le condizioni perché possa vivere l’ultimo tratto del suo percorso di vita godendo di una qualità di vita sufficiente, in particolare grazie all’alleviamento delle sofferenze e all’esperienza del conforto e della condivisione di chi lo accudisce. L’imperativo deve essere quello di combattere la malattia fin dove è possibile farlo senza infliggere gravi sofferenze al paziente, per poi accompagnarlo dignitosamente alla morte, mirando soprattutto a lenirne le sofferenze.”
Qual è il ruolo della filosofia nell’affiancare la medicina?
Adorno: “La filosofia dovrebbe avere il ruolo di rendere più difficili e meno naturali i gesti e i pensieri facili, quelli che ci vengono per primi in mente, la posizione immediatamente considerata giusta, la reazione spontanea di fronte a una decisione o a un’azione. Penso per esempio che sia normale e naturale che un medico, abituato ad operarsi per rimettere in salute le persone, di fronte a un paziente che per svariate ragioni rifiuta una terapia e si lascia letteralmente morire, sia preso da sconforto, dolore, amarezza, senso di colpa e così via. Il filosofo potrebbe aiutarlo a comprendere tutti gli aspetti della situazione a partire dal fatto che scelte diverse da quelle che avrebbe preso lui hanno delle ragioni e che sono state compiute in conoscenza di causa.” Reichlin: “Quello di porre quesiti ‘scomodi’ e talvolta di difficile soluzione per tenere viva la consapevolezza dell’aspetto umanistico della pratica medica e delle domande di senso che vi si collegano. Il che non significa in alcun modo negare l’importanza degli elementi scientifici e tecnologici nella medicina contemporanea, ma piuttosto ricordare costantemente come tali elementi debbano essere calati all’interno di una relazione interpersonale tra un individuo che ricerca un aiuto per la propria malattia e un altro che gli offre il suo sostegno competente.”