Una coppia che spesso scoppia, il che può dipendere da tanti fattori, ma nessuno di essi può in alcun modo giustificare comportamenti ossessivi, e che spesso sono sottovalutati, nonostante le denunce delle malcapitate o nonostante gli interventi per liti domestiche
Abbiamo iniziato questa rubrica per dare un segnale sul rapporto di genere, che in una società che si autodefinisce emancipata e interconnessa, non può ancora sopportare un modo di pensare, una cultura che non riesce ad avere rispetto per la donna, soprattutto nel rapporto di coppia.-taglio- Una coppia che spesso scoppia, il che può dipendere da tanti fattori, ma nessuno di essi può in alcun modo giustificare comportamenti ossessivi, e che spesso sono sottovalutati, nonostante le denunce delle malcapitate o nonostante gli interventi per liti domestiche. Chi non ha mai litigato con il proprio partner, a volte parole forti pronunciate ad alta voce, ma tali momenti non possono e non devono degenerare in una violenza fisica. Violenza che invece le cifre italiane sui femminicidi del 2022, al momento in cui scriviamo, perché questi dati sono vulnerabili ogni ora che passa, dimostrano essere ancora gravi e allarmanti. Quest'anno, infatti, i femminicidi in Italia sono stati 125, più di uno ogni tre giorni, e in aumento rispetto ai 12 mesi precedenti, secondo il nuovo report del Viminale, pubblicato ad agosto, cui si aggiungono 2 vittime a settembre e 2 vittime nella prima decade di ottobre. Tale dossier, sottolinea come la componente femminile all'interno delle vittime di omicidio volontario sia il 39,2% del totale degli omicidi in Italia. Gli omicidi identificati come femminicidi, nel 2022, sono in aumento rispetto ai 108 dei 12 mesi precedenti. Delitti compiuti per la stragrande maggioranza in ambito familiare o affettivo: padri, zii, fratelli e, soprattutto, partner o ex partner. Nonostante i continui inviti alla denuncia delle forze dell’ordine e delle associazioni, tutte mobilitate per debellare questo fardello, il problema spesso è proprio quello della mancata denuncia, secondo i dati Istat, infatti, "è elevata la quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita" e "i tassi di denuncia riguardano il 12,2% delle violenza da partner e il 6% di quelle da non partner". Questo rende la situazione ancora più grave di quello che i numeri, raccolti finora, già ci mostrano nero su bianco. Nel mese in cui con la data del 25 novembre, nel ricordo delle sorelle Mirabal, trucidate a Santo Domingo, si vuole continuare a tener puntato il riflettore sul femminicidio, è quanto mai importante non cedere e soprattutto non voltare lo sguardo dall’altra parte, perché se qualcuno pensa che una violenza familiare di cui siamo venuti a conoscenza è qualche cosa che non ci riguarda, se il nostro interessamento può salvare una vita ci deve riguardare e tanto. In considerazione anche del fatto, a nostro avviso molto grave, che in Italia per cancellare una legge del 1889, che giudicava il “Delitto d’onore” una attenuante all’uxoricidio, si è dovuti arrivare al 1981. Il 25 novembre non deve essere solo un giorno di riflessione, ma un punto di partenza per dire “NO” deciso e senza tentennamenti alla violenza sulle donne, -taglio2- anche in considerazione del fatto che tale data segna l’inizio dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere" che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani il 10 dicembre, per sottolineare che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani. Ma oltre a denunciare ci dobbiamo chiedere cosa possiamo fare, per arginare all’origine un fenomeno, che nasce da un malessere personale, ma anche da una educazione culturale. Patricia Scotland, da ministro della giustizia inglese, ha lanciato e coordinato un efficace piano d’azione contro la violenza domestica e grazie ai suoi provvedimenti il numero di morti per femminicidio a Londra è diminuito di oltre il 60%. Il metodo promosso dalla Scotland si fonda su una visione olistica, integrata, dell’intervento da mettere in atto e prevede: interconnessione tra sistema giudiziario, polizia, servizi medico-sanitari e sociali, protezione e assistenza legale per le vittime, piani economici e coinvolgimento dei datori di lavoro nel progetto. In Italia, come propone Marina Calloni, docente di filosofia politica e sociale alla Bicocca di Milano, per adeguare il metodo Scotland alla nostra realtà, si potrebbe elaborare una strategia integrata che preveda la collaborazione tra: sistema educativo, ambito lavorativo, istituzioni e associazioni di donne della società civile che da sempre combattono contro la violenza di genere. Perché, è certo, la violenza di genere non può essere affrontata da un solo lato, ma va vista ed affrontata nella sua complessità e grazie all’apporto di tutti. Le vittime hanno bisogno di sapere che la loro domanda di aiuto non è solo intercettata, ma che ci sono risposte concrete che vedono coinvolte tutte le istanze sociali, dal volontariato alle istituzioni e che offrono soluzioni coerenti non solo per le donne, ma anche per i figli, ai quali le donne senza reddito non possono garantire una vita al di fuori delle mura domestiche. I figli all’interno di questi ambiti familiari violenti sono quelli che soffrono e ai quali non sempre si dà l’adeguato sostegno, soprattutto dopo aver subito la perdita della madre per mano dell’altro genitore, ovvero il proprio padre. Gli orfani del femminicidio in Italia sono oltre 2.000. Gli eventi traumatici e dolorosissimi che i cosiddetti orfani speciali devono affrontare hanno un impatto psicologico devastante con conseguenze su tutta la loro sfera di vita. E’ quindi all’insieme di tutti i fattori che bisogna mirare, considerandoli nella loro interezza. Bisogna allora promuovere un modello di intervento e di cura che salvaguardi la prossimità e le relazioni non solo con gli adulti, ma anche con i bambini, la fine di operare un vero cambiamento culturale costruendo un nuovo approccio alle relazioni familiari, prevenendo la violenza, porta aperta per il “FEMMINICIDIO”.