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Fascino Birmano

di Fabrizio Grieco

Numero 176 - Aprile 2017

Soggiorno in una poco conosciuta città asiatica, situata tra Thailandia e Birmania, bagnata dal meraviglioso oceano indiano. Tra profumo di curry, ragazze sorridenti e tanta povertà


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Questo insolito punto di confine si trova in una zona poco conosciuta della Thailandia vicino alla piccola realtà di Ranong, una tranquilla città thailandese ancora non toccata dal turismo di massa e dallo sfruttamento massiccio della monocultura del caucciù e della palma da olio. Dotata di almeno due porti fluviali, il cui funzionamento dipende ovviamente dal ciclo delle maree e dalla intensità delle piogge monsoniche, Ranong è anche uno dei punti in cui è possibile effettuare il “visa run” ossia l’uscita dal paese per ricevere un nuovo timbro sul passaporto ed estendere la permanenza. É prima mattina quando arriviamo nel principale porticciolo fluviale che è affollato di pescherecci multicolori intenti a caricare ghiaccio e la puzza di pesce satura le narici ancora impreparate. Una grande tettoia che finisce in una piattaforma galleggiante ospita il casotto della polizia thailandese di frontiera. Sono tutti in impeccabile uniforme come al solito e tutti sempre impegnatissimi a mangiare. Ma, sebbene disturbati, si dimostrano gentili e sorridenti. Non è un punto di confine affollato di stranieri perché in realtà non consente un vero acceso alla Birmania, ma solo un visto temporaneo per visitare la piccola città portuale di Kawthaung entro un raggio di circa 30 km e quindi ad attraversarlo sono principalmente i tanti birmani che lavorano in Thailandia. -taglio- Ci imbarchiamo con loro su una long tail per attraversare il braccio di mare che separa le due cittadine. Attorno a noi una miriade di isole sconosciute tra cui la bella Zadesky, paradiso incontaminato appartenente al Myanmar che a nessuno è consentito visitare. Appena sbarcati a Kawthaung, immediatamente la polizia di frontiera ci requisisce i passaporti. Impeccabili e sorridenti, i poliziotti ci spiegano che ci saranno restituiti all’uscita. Il piccolo lungomare è affollato di bancarelle e motorini. Un piccolo albergo si affaccia sulle vecchie barche di legno affollate nel porticciolo. Una piccola folla riempie le strade. È evidente che sono di etnia diversa dai thailandesi. Anche qui tutti sorridono e qualcuno azzarda a proporsi come guida ma con molta cortesia. Tutti masticano il betel, una noce contenente un leggero alcaloide che aiuta a combattere la calura e che qui viene consumata in una specie di involtino composto da una foglia e alcune spezie profumate, venduto in caratteristici chioschetti ai lati delle strade. Un bellissimo mercato occupa la parte centrale del porto e vi si trovano utensili in legno e metallo fatti a mano, ferri da stiro a carbonella, tessuti coloratissimi di ispirazione indiana venduti da belle ragazze sorridenti con i visi coperti di talco bianco. Carne e pesce come sempre sono conservati in precarie condizioni igieniche. Si vendono i tipici sigari birmani e una miriade di altri insoliti prodotti. Decidiamo di assaggiare la cucina locale e scopriamo con piacere che -taglio2- è meno piccante anche se meno varia di quella thailandese e fortemente influenzata da quella indiana (almeno in questa zona) e comprende verdure crude o bollite, tutta una serie di curry non piccanti e piacevoli zuppe sempre a base di riso. Una volta rifocillati assaggiamo il betel e improvvisamente il caldo svanisce, una carica di energia sembra affluire alle gambe e decidiamo di affrontare la scalinata fino al tempio buddista che sovrasta la cittadina portuale. Moltissimi bambini ci salutano dalle povere ma dignitose abitazioni abbarbicate sulla collina. Arrivati in cima l’effetto del betel è già sparito e il caldo soffocante toglie il respiro. Delle signore in abiti sgargianti ci soccorrono offrendoci bottiglie d’acqua e ci costringono a toglierci le scarpe per entrare nel tempio. Osserviamo le varie statue di Buddha e le splendide pagode ornate di campanelle che tintinnano nel vento. Poi guidati dai monaci vestiti solo con la tunica rosso scuro, tipica del Myanmar, arriviamo ad un punto panoramico. Da qui si può ammirare l’enorme arcipelago che ci circonda: isole incontaminate e un gigantesco tratto di oceano indiano oggi interdetto al turismo dalla giunta militare che controlla la Birmania. Pian piano però la situazione politica sta cambiando e forse presto queste isole saranno la nuova frontiera del turismo in Asia. Intanto rapidamente la nostra giornata volge al termine. Il punto di confine chiude alle cinque e il sole rosso già si prepara a tuffarsi nell’Oceano Indiano.


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