L’ex difensore azzurro e attuale CT del Benevento Calcio racconta ai lettori di Albatros la sua nuova avventura professionale ed il ritorno in Italia
Fabio Cannavaro è stato certamente uno dei calciatori italiani più amati e vincenti di sempre, amato da chiunque, nel corso degli anni è riuscito a lasciare il segno non solo nel mondo del calcio giocato ma anche nel sociale. Tutti lo ricordiamo mentre alza la Coppa del Mondo, ma da quel 2006 sono cambiate tante cose nella vita di Cannavaro, -taglio-infatti, ha iniziato la carriera da allenatore girando il mondo e poi, in questa stagione 2022/2023, ritornando in Italia anzi in Campania come allenatore del Benevento Calcio. È questa “una grande sfida” come lui stesso ci racconterà in questa intervista, che però fin ad ora ha già dato qualche piccola soddisfazione al nostro Fabio nazionale. Noi di Albatros l’abbiamo incontrato in esclusiva, per farci raccontare qualcosa in più su questa esperienza beneventana e sul suo ritorno in Italia. Sei attualmente l’allenatore del Benevento Calcio, una scelta professionale che nessuno si aspettava in questo momento della tua carriera, com’è nata questa collaborazione? “Dopo diversi anni all'estero ho capito che era il momento di tornare a casa e quando il Benevento Calcio mi ha contattato per parlarmi del progetto societario e di squadra, ho subito pensato ‘perché no’. C’è da dire che fin dall’inizio sapevo che non sarebbe stato semplice, poiché in Serie B ci sono tante grandi squadre, però io sono abituato a crederci sempre e a mettere il massimo impegno in tutto quello che faccio. Ho tantissima fiducia nella società e in tutto il mio staff, però gli obiettivi che mi sono prefissato preferisco non dirli, però stiamo lavorando nel modo giusto e con un approccio mentale adeguato al contesto.” Cosa significa per te allenare in Italia e quali sono le differenze che hai notato fino ad ora con le tue esperienze pregresse? “Ti sembrerà assurdo, ma nonostante io alleni ormai già da sette anni, chi mi vede ora in Italia pensa che sia la mia prima esperienza in panchina! Quindi so che dovrò darmi molto da fare, anche se non sento ‘la pressione’ di dover dimostrare qualcosa a qualcuno, questo grazie anche alla grande serenità che si respira all’interno della società. Le differenze sono molte e bisogna partire dal presupposto che in Italia il calcio è uno stile di vita, è uno sport super seguito che è parte integrante della nostra cultura, cosa che invece non era nelle altre squadre che ho allenato. Come ho detto prima, però, mi piacciono le sfide e non ho mai avuto il timore di mettermi in gioco. Inoltre, mi reputo fortunato perché ho una squadra recettiva e che mi segue. Certamente un vantaggio è parlare la lingua del posto – ride ndr.” Accanto a te in panchina c’è tuo fratello Paolo, com’è il vostro rapporto dentro e fuori dal campo? “Classico rapporto tra fratelli! No, scherzi a parte, è sicuramente ‘un’arma in più’ essere affiancato da Paolo poiché sai di avere una persona di cui ti puoi fidare ciecamente e che, soprattutto, riesce ad essere sincera nel bene e nel male. Capita di avere opinioni diverse su determinate cose, però siamo anche molto bravi a discuterne dicendoci reciprocamente le motivazioni che ci spingono a pensare in quel modo.-taglio2- Inoltre tra i due Paolo è il ‘tranquillo’, diciamo che ci compensiamo molto l’un l’altro.” Calcio a parte, com’è stato tornare a vivere in Italia e cosa ti porti in valigia degli anni trascorsi all’estero? “Essere di nuovo in Italia ovviamente è una gioia immensa, poi sono a Benevento quindi vicino alla mia famiglia. Sarà bello poter essere più presente, anche se ovunque io sia stato la mia famiglia è sempre riuscita a farmi sentire il proprio sostegno e spero di aver ricambiato nel modo giusto. Degli anni all’estero porto con me tante cose, ricordo che all’inizio ero spesso spaventato e mi chiedevo se fosse stata la scelta giusta… quindi metto in valigia quello che è stato il mio non voler mollare anche davanti a situazioni complicate. Vivere all’estero mi ha dato l’opportunità di entrare in contatto con culture diverse e conoscere tantissime persone, io sono socievole quindi dovunque allenassi mi facevo subito conoscere e devo dire che nel corso degli anni ho avuto la fortuna di trovare grande ospitalità da parte di tutti!” Ritornando al tuo ruolo da allenatore, pensi di essere cambiato rispetto a quando eri tu a giocare? Se si, in che modo? “Difficile rispondere a questa domanda perché ti direi si e no. Penso sia impossibile cambiare totalmente, però diciamo che quando alleni e quindi devi gestire un gruppo inevitabilmente devi cambiare metodo di approccio rispetto a quando si è giocatori. Allo stesso tempo, però, il fatto di aver giocato mi permette di comprendere meglio i miei ragazzi e quindi essere in grado di dargli indicazioni nel modo giusto. Quella che non è cambiata è la mia competitività! Mi piace l’adrenalina che si prova ogni domenica sul campo e quella ‘fame di vittoria’ che si respira tra le due avversarie.” Se non fossi diventato allenatore, pensi ti saresti allontanato dal mondo del calcio? “Non credo, anche perché già durante quelli che sapevo sarebbero stati gli ultimi anni di carriera, ho iniziato a pensare cosa volessi fare e non ci ho messo molto a capire che volevo allenare. Ricordo che molti dei miei colleghi e amici mi dicevano di pensarci bene, perché si tratta comunque di una scelta professionale che ti espone tantissimo, cosa sicuramente vera. Ho preferito, però, dare priorità alla mia soddisfazione personale e sapevo di voler passare dall’altro lato del campo!” Fabio, non ci resta quindi che farti un grande in bocca al lupo per questa stagione… “Crepi il lupo! Con tutto il team siamo determinati a dare il massimo e a fare bene!”