Passa dai panni di attrice a quelli di regista con una naturalezza incredibile, Emanuela Ponzano racconta del suo ultimo cortometraggio qualificato agli Oscar 2018
Attrice e regista di cinema e teatro, Emanuela Ponzano vive e lavora tra Roma, Parigi e Bruxelles. Diplomata in Scienze Politiche all’Università libera di Bruxelles e in Arte Drammatica all’Accademia Nazionale di Liègi, all’inizio della sua carriera segue, inoltre, vari corsi di regia e recitazione in Belgio e in tutta Europa con i grandi maestri del teatro. Dopo l’associazione “Germinal” di teatro in francese fondata a Roma dal 2002 al 2005 con Tonino Scalia, Emanuela Ponzano diventa Direttrice della Compagnia KAOS creata in Belgio con l’attrice Virginie Ransart nel 2005 e costituita in associazione culturale a Roma nel 2010. Insegna movimento scenico e recitazione al Teatro francese di Roma e in diverse scuole, tra le quali il corso dell’Accademia Beats di Max Malatesta e organizza laboratori di teatro per l’attore sia in italiano che in francese in vari centri teatrali nazionali. Emanuela Ponzano lavora, poi, come attrice di cinema e televisione con grandi registi come John Irvin, Maurizio Zaccaro, Giulio Base, René Manzor, Vittorio De Sisti, solo per citarne alcuni. Nel 2013 è in concorso come attrice alla 70° Mostra del Cinema di Venezia con il film di Philippe Garrel “La Jalousie” con Louis Garrel e Anna Mouglalis. Nel 2016 realizza il cortometraggio “La slitta”, in collaborazione con la Lucana Film Commission e la regione Basilicata, lavoro che nel 2017, si è qualificato per gli Oscar 2018. Come attrice teatrale la Ponzano collabora con varie compagnie teatrali, come regista e direttrice della Compagnia KAOS, mette in scena spettacoli dove si intrecciano le arti con la particolarità del Teatro d’Ombra come linea conduttrice. Noi di Albatros l’abbiamo intervistata in esclusiva.
Partiamo subito dalla qualificazione agli Oscar 2018 come regista del cortometraggio “La slitta”. Che emozione ha provato appena ha saputo di questa notizia? -taglio- “In realtà sono un’attrice ed una regista con i piedi per terra, e devo ammettere che il percorso già fatto finora è molto bello: abbiamo partecipato a 130 festival in tutto il mondo, abbiamo vinto 35 premi, cosa che per un corto non è affatto male. Inoltre, questo lavoro è arrivato un po’ in tutto il mondo, siamo andati in America, America latina, Inghilterra ed Albania. Il film parla, appunto, delle minoranze albanesi presenti in Italia. In generale, è stato molto commovente sapere di essere qualificati tra i 100 finalisti di tutto il mondo, un’emozione incredibile! È un punto d’arrivo importante, ma non deve rimanere l’unico; se dovessimo arrivare in finale, saremmo ancora più contenti.”
Di cosa tratta questo cortometraggio?
“È ambientato in Basilicata; racconto di una famiglia che vive in un villaggio isolato, voglio sottolineare che assolutamente non vi sono regionalismi, poiché non volevo puntare il dito su una regione rispetto ad un’altra: il razzismo può essere ovunque. Il protagonista è un bambino, il quale ha ricevuto un tipo di educazione che prevede l’essere diffidente nei confronti degli stranieri, una chiusura, un isolamento, una protezione che porta a rimanere a casa invece di stare con gli altri. Il bambino, così, decide di fuggire perché vuole andare a giocare con i suoi compagni. Scappa dal suo nido e nella foresta si imbatte in una slitta: questa diventa un po’ il simbolo del film, poiché appartiene ad un bambino albanese. Da qui nasce uno scontro tra i due protagonisti. Ahimè, ancora non si parla abbastanza di razzismo, specialmente in Italia.”
È possibile affermare che ne “La slitta” racconta della difficoltà di comunicazione e di creare relazioni d’amicizia dei giovani d’oggi?
“Si e no, nel senso che personalmente prendo una posizione molto positiva a riguardo. Credo che i bambini siano più forti degli adulti, possono ancora pensare con la loro testa ed al gioco fregandosene delle differenze che, invece, gli adulti hanno paura di affrontare. Con questo film voglio far capire che i bambini possiedono una libertà di pensiero incredibile, malgrado un’educazione chiusa. Il bambino può ancora farcela.”
Lei è attrice e regista, Tra i numerosi ruoli da lei interpretati, ce n’è stato uno che le è sembrato cucito addosso?
“Eh, ce ne sono tanti! Un’attrice non preferisce un ruolo ad un altro, fanno tutti parte un po’ di noi stessi. Noi attori ci mettiamo a servizio del ruolo, poi capita che ci siano delle parti che calzano meglio di altre, però mettiamo la stessa passione ed energia per tutti i personaggi. Forse, Elvira nel Don Giovanni di Molière è stato per me un ruolo importante: c’è il sacrificio dell’amore, e questa donna fa di tutto per salvare un uomo che invece l’aveva ripudiata. Amo interpretare donne che si superano, donne forti. Ho ritrovato una verve rivoluzionaria che mi calza parecchio bene. Inoltre, mi è stato assegnato il Premio Vincenzo Crocitti come attrice internazionale, ed è stato un bel riconoscimento perché cerco di lavorare non solo in Italia.”
Lavora al fianco di artisti internazionali, porta con sé un ricordo particolare?
“Quello con Alfred Molina e John Irvin, durante ‘The Moon and the Stars’, il mio primo film internazionale. C’erano attori pazzeschi, e mi ha colpito molto la modestia e l’umiltà con cui si approcciavano al set. C’era una grande professionalità ed, allo stesso tempo, uno spirito di gioco tra gli attori del cast. Una cosa, questa, che mi son portata dietro come lezione.”
Quali sono i suoi prossimi impegni?
“Come regista, ho un cortometraggio nuovo che sta aspettando di essere realizzato nei prossimi mesi. La tematica è sempre l’integrazione, sul fronte ungherese. Un film forte e con una grande fotografia, un viaggio nel tempo tra gli anni ‘40 ed oggi. Come attrice non posso ancora rivelare troppo, sarò in un lungometraggio italiano.”
“Con questo film voglio far capire che i bambini possiedono una libertà di pensiero incredibile, malgrado un’educazione chiusa. Il bambino può ancora farcela”