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Direzione Parigi

di Maria Paola Di Palma

Numero 252 - Luglio-Agosto 2024

In attesa dei Giochi Olimpici di Parigi, il velocista azzurro ci racconta l’esperienza agli Europei di Roma e delle medaglie conquistate


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Gli ultimi campionati europei di atletica, che hanno avuto come cornice la splendida città di Roma, sono stati un vero e proprio trionfo della nazionale italiana: 24 medaglie conquistate, risultato record che dimostra come la nuova generazioni di atleti è destinata a fare grandi cose. -taglio-Tra questi c’è, però, un nome che conosciamo già molto bene ed è quello di Filippo Tortu velocista italiano che è stato il primo in grado di scendere sotto i 10 secondi sui 100 metri piani - terzo atleta bianco a riuscire nell'impresa, dopo Christophe Lemaitre e Ramil Guliyev ndr. – e che in occasione degli Europei casalinghi ha vinto la medaglia d'argento nei 200 metri piani, mentre è salito sul gradino più alto del podio nella staffetta 4x100 metri piani insieme ai connazionali Marcell Jacobs, Lorenzo Patta e Matteo Melluzzo. Reduce da un infortunio alla spalla, l’atleta classe ’88 è riuscito, però, a rimettersi in gareggiata come solo i grandi campioni sanno fare e adesso come unico obiettivo ci sono i Giochi Olimpici di Parigi. Noi di Albatros l’abbiamo incontrato subito dopo la vittoria romana. Filippo, la conquista di queste due medaglie agli Europei sono un forte segnale del tuo ritorno, cosa significano per te queste due vittorie? “L’oro e l’argento di Roma sono molto importanti in questo momento, non solo per il mio percorso personale ma anche per la grande ascesa dell’atletica italiana nelle grandi competizioni. In particolare, a Roma è stato un grande lavoro di squadra che speriamo possa portare ad avvicinarsi a tutte le discipline dell’atletica anche i più giovani. Per me, invece, vincere mi ha dato quella carica di cui avevo bisogno prima delle Olimpiadi. Ho avuto un periodo abbastanza lungo di stop, ma ora mi sento bene e penso che si è visto.” A proposito dell’infortunio, come hai affrontato questo periodo di riposo forzato?-taglio2- “Non è stato semplice da accettare, ma per una questione psicologica più che fisica, anche perché ho avuto la fortuna di essere seguito da specialisti incredibili che hanno fatto un lavoro eccezionale per permettermi di ritornare in pista al meglio delle mie condizioni. L’aspetto emotivo e mentale è stato quello più complicato da gestire, noi sportivi basiamo la nostra vita sugli allenamenti, abbiamo quindi un ritmo scandito da palestra, pista, terapia etc etc, quando questa routine viene a mancare e ti rendi conto che mentre te sei fermo i tuoi avversari stanno continuando a lavorare, è inevitabile provare senso di frustrazione. Per fortuna, però, tutto il mio staff e la mia famiglia mi è stata di enorme supporto e in tutta la mia carriera finora so bene che senza di loro non sarei riuscito ad arrivare dove sono adesso.” Quelle di Parigi saranno le tue seconde Olimpiadi, ti senti cambiato rispetto l’esperienza di Tokyo? “Sì e tanto. Infatti non ti nego che non vedo l’ora di vivere per la seconda volta questa esperienza e sono certo che sarà completamente diversa dalla prima. Quando sono andato a Tokyo non sembrava vero nemmeno a me che fossi lì, in mezzo a tutti quei campioni, mi sentivo un pesce fuor d’acqua. A Parigi porterò con me più consapevolezza e una voglia di vittoria che forse non ho mai provato prima! Non vedo l’ora di poter vivere l’atmosfera degli stadi, del villaggio Olimpico, di condividere il tempo con gli altri atleti e soprattutto indossare una medaglia!” Hai un portafortuna? “Non sono una persona scaramantica, diciamo che io mi sento il mio portafortuna! Quindi cerco di avere un atteggiamento sempre propositivo alle gare e agli allenamenti!”





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