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Armando De Stefano

di Joanna Irena Wrobel

Numero 220 - Maggio 2021

Una figura centrale nello scenario internazionale della pittura contemporanea, allievo del Maestro Emilio Notte, uno dei fondatori del Gruppo Sud (1946), docente di pittura (1950-1992) all’Accademia di Belle Arti di Napoli, con la sua morte lascia un grandissimo vuoto, che non potrà mai essere colmato


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Un artista visionario, colto narratore, un formidabile e raffinato disegnatore, un pittore munito del più acuto istinto del colore, così si potrebbe sintetizzare (in poche e senz’ altro riduttive parole) la straordinaria personalità di Armando De Stefano (1926-2021). La sua arte, dall’ inconfondibile impronta figurativa, -taglio-per gli eccezionali contenuti, per la grande ricerca stilistica, per le tematiche che affronta, si può definire indubbiamente universale. Un casuale incontro alla Biennale di Venezia (nei lontani anni Cinquanta) con Francis Bacon, segna in modo indelebile tutto il percorso artistico e umano del pittore napoletano. Da lì, dalla singolare e americana arte baconiana, nasce l’impostazione di molti dipinti, anche se le figure prendono spunto dalla realtà quotidiana, dai volti delle persone che popolano i vicoli della Napoli storica. Nelle numerose opere dell’artista partenopeo, spesso brilla una luce quasi caravaggesca, che appare come una citazione voluta, un gesto quasi umile di voler riconoscere e sottolineare un grande legame con la storia e con la tradizione dell’arte italiana. Quell’ arte, che ormai patrimonio universale, ancora di più per un pittore contemporaneo dovrebbe diventare un passaggio obbligatorio, formare una base per ogni ricerca creativa, anche la più spericolata e discutibile. De Stefano, un artista singolare, lontano dalle chiassose avanguardie e sterili sperimentalismi, in più di settant’ anni di carriera, dal periodo neorealista del dopoguerra, brevi incursioni nell’ informale, fino al figurativismo baconiano- espressionista degli anni Sessanta e Settanta, ha raccontato storia e idee dell’ Universo occidentale nelle sue molteplici sfaccettature, dipingendo spesso un’ umanità contraddittoria e in continua metamorfosi, violenta e crudele, contornata da un paesaggio infernale e ormai avviata su una via di non ritorno. La narrazione pittorica di Armando De Stefano trova una insolita espressione nei molteplici cicli di opere ( dedicati a Marat, Masaniello, Odette e il Jolly, Mercato dei Miti, Maschere, L’ Eden degli esclusi, Dafne, Chameleons e altri), concepiti come serie ordinate in capitoli,-taglio2- una sorta di contenitori ricolmi da immagini che non raccontano solo storie intricate e complesse prendendo gli spunti dai miti o dalla storia, dagli avvenimenti del passato, ma vogliono mettere in risalto le continue e ineluttabili metamorfosi e cambi epocali, nel tentativo di dare voce, anche ai deboli ed esclusi, vittime di soprusi e quotidiane ingiustizie. Nei dipinti di De Stefano le figure appaiono come maschere senza speranza, indifese nella loro nudità e in preda al terrore. Il paesaggio, che fa da sfondo, sembra pervaso dal dolore e dalla umana follia, impigliato in un reticolo assurdo dove si intrecciano elementi naturali e umani con orpelli, vestiti, cappelli, contenitori e improbabili architetture immaginarie, che spesso assumono il ruolo di assoluti protagonisti, finendo per occupare tutto lo spazio, cancellando ogni minima presenza dell’umanità. Negli ultimi lavori, la raffinata produzione pittorica di De Stefano, connota una marcata tendenza alla sottrazione. L’ ultimo ciclo intitolato “L’ urlo del Sud “, è caratterizzato da cromie meno accese, le tele diventano non più stracolme di elementi narrativi, la tecnica pittorica (spesso mista) diventa più sobria ed elegante. In occasione della mostra personale al Museo Madre di Napoli (2011-2012), De Stefano si è voluto confrontare con una grande parete del museo sulla quale ha lasciato il segno della sua ben nota tecnica di formidabile disegnatore. Si è avverato un sogno nascosto, un desiderio taciuto, di avere a disposizione una immensa superficie per poter dipingere gli affreschi, i grandi murales, per sistemare in ordine, una dopo l’altra, le pagine infinite di tante storie da lui raccontate e in un incessante susseguirsi di forme e colori, continuare a narrare, comunicare, trasmettere, almeno una volta, senza barriere e senza confini.





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