La sua musica fa il giro del mondo, e di anno in anno sono sempre più le persone che apprezzano quello che possiamo definire un jazz diverso, fatto di influenze musicali insolite e ricco di significato
Il pianista e talento del jazz Kekko Fornarelli ha aggiunto un nuovo successo alla sua incredibile carriera, infatti dopo il debutto in Germania in uno dei più prestigiosi teatri, l'Elbphilaharmonie di Amburgo, ha presentato nella sua città natale (Bari), il suo nuovo progetto. Insieme al suo trio formato da Federico Pecoraro, al basso elettrico, e Dario Congedo, alla batteria, la capacità di Fornarelli è stata quella di fondere la sua musica con un’orchestra d’archi interamente formata da musiciste provenienti dalla sua regione. Il background mediterraneo del pianista pugliese, unito agli impianti melodici di provenienza nord europea, sono alla base della continua ricerca stilistica che fa di Kekko Fornarelli una delle più apprezzate voci del jazz.-taglio-
Il 21 dicembre scorso hai presentato dal vivo il tuo nuovo progetto, raccontaci com’è andata.
“Questo mio ultimo progetto, è stato certamente qualcosa speciale. La prima di questo concerto era stata fatta lo scorso ottobre all'Elbphilaharmonie di Amburgo, e si è trattato di una versione un po’ più allargata di quello che è il mio trio, con la presenza di un’orchestra d’archi. È uno dei sogni che avevo nel cassetto da tantissimi anni: ovvero sentire la mia musica suonata da un’orchestra. L’esperimento di Amburgo è stato un buon successo di pubblico, per cui poi ho deciso di replicarlo nella mia città, dove è stato altrettanto ‘recensito’ positivamente.”
Come hai accennato la tua musica è in grado di fondersi con altri stili e generi, quando capisci di aver trovato il giusto equilibrio?
“In realtà non è mai stata una ricerca voluta, bensì un passaggio abbastanza naturale in quanto nella mia vita fin da ragazzo ho avuto diverse esperienze musicali. Sono nato con la musica classica e poi sono passato al rock da ragazzo, per arrivare infine a scoprire il jazz; ho sempre amato la musica a 360 gradi, di conseguenza quando ho iniziato a scrivere musica mia, è stata quasi istintivo e naturale che i generi si fondessero tra loro. Anno per anno il tutto si è affinato, è stata una sorta di crossover, anche perché oggi un po’ tutta la musica è contaminata.”
La tua è una continua ricerca stilistica, caratterizzata dal tentativo di creare musica da osservare...
“Sì, in pratica nella fase di scrittura mi avvicino un po’ a quello che è il processo proprio delle colonne sonore, cioè scrivere musica partendo da immagini o da scene di vita vissuta, di conseguenza è un processo che in qualche modo rende onomatopeica un immagine che cerco di trasferire. Poi riuscirci è un altro discorso, non posso dirlo io... anche perché la musica è qualcosa di soggettivo -taglio2-quando viene ascoltata e recepita. Uno nei miei sogni è scrivere per il cinema e la tv, quello sarebbe un ottimo banco di prova.”
“Abaton” è il tuo ultimo disco, pensi di essere cambiato rispetto ai tuoi lavori precedenti?
“Il cambiamento e la voglia di cercare cose nuove, credo rappresentino il fulcro della nostra esistenza. Mi sento cambiato soprattutto nella mia produzione, che possiamo definire ‘jazz’; ho avuto un percorso inizialmente più mainstream, poi ho capito che quella non era la mia strada e quindi avevo da cambiare qualcosa. Gli ultimi 3 album sono stati sempre più un percorso che mi ha portato, e continua a farlo, su piani diversi, dove invece di privilegiare la parte dell’improvvisazione, della tecnica che è propria del jazz, mi sto avvicinando ad un discorso più globale. È stata proprio la musica a chiedermelo ed il confronto con un pubblico diverso, proveniente da tutto il mondo. Ho deciso di lasciare spazio alla comunicatività della musica.”
Nel corso della tua carriera ti sei esibito in 50 Paesi diversi, c’è un posto, un palco, una collaborazione che porti nel cuore?
“Fino a poco tempo fa non avrei saputo rispondere perché un po’ tutti i palchi sono un’esperienza unica, anche il fatto di poter conoscere paesi completamenti diversi è un’emozione incredibile. Dallo scorso ottobre qualcosa è cambiato, posso dire che il mio concerto del cuore è quello che ho fatto ad Amburgo con l’orchestra, il teatro era splendido e non avendo ancora mai fatto un tour in Germania, ero preoccupato rispetto alla competenza del pubblico tedesco. Vedere, però, la platea piena è stata una botta emotiva indescrivibile, e poi 10 minuti di standing ovation alla fine come fai a dimenticarli?”