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CRISTINA RIVERA GARZA

di Maresa Galli

Numero 246 - Dicembre-Gennaio 2024

Un opera che tratta la violenza costitutiva, espressione della disuguaglianza di genere che ancora struttura le nostre società


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La scrittura spesso aiuta a rielaborare lutti e tragedie. È quanto accade all’autrice messicana Cristina Rivera Garza, tra le più brillanti scrittrici contemporanee. -taglio- Ha appena pubblicato “L’invincibile estate di Liliana”, (in Italia pubblicato da Edizioni Sur.), libro che ha richiesto una gestazione di 30 anni ed è stato un caso letterario in Messico. Per l’autrice non è stato facile raccontare la storia della sorella assassinata. Liliana, studentessa di architettura, ventenne, nel luglio del 1990 è stata soffocata nel suo appartamento a Città del Messico dall’ex fidanzato, Angel Gonzales Ramos, che voleva lasciare. Come spesso capita nei casi di femminicidio l’uomo non accettava la fine della relazione. Purtroppo l’omicida è ancora a piede libero. Nel libro Garza fa parlare in prima persona la sorella che aveva l’abitudine di annotare i suoi pensieri su agende, quaderni, bigliettini e libri e di scrivere lettere alle amiche. Così, attraverso il suo “archivio degli affetti”, Cristina Rivera fa vivere il mondo interiore della sorella, i suoi sogni e le sue paure, il suo sguardo sul mondo. Desiderava viaggiare, frequentare un master a Londra, città in cui desiderava trasferirsi, e vivere secondo ciò che sentiva, liberamente. Oltre alle carte di Liliana, la scrittrice ricostruisce i drammatici eventi partendo dalle indagini dell’epoca e dalle testimonianze di amici, colleghi dell’università e familiari. Unanime il giudizio su Liliana: una giovane donna sorridente, generosa, appassionata, brillante e coraggiosa. -taglio2- Il Messico è uno dei paesi in cui il tasso de femminicidi è tra i più elevati al mondo: negli ultimi dieci anni sono state uccise in media dieci donne al giorno. Dal 2012, però, grazie alla mobilitazione collettiva, il femminicidio è diventato reato, non più crimine passionale. “Un errore comune è pensare che sia una violenza straordinaria e non strutturale. In realtà, si tratta di una violenza costitutiva, espressione della disuguaglianza di genere che ancora struttura le nostre società. Un altro errore comune è pensare che i femminicidi avvengano solo in determinate famiglie o classi sociali o addirittura in determinati Paesi”. Prezioso memoir, il libro, poetico e toccante, diviene elaborazione condivisa del lutto, una preghiera laica per Liliana e per tutte le donne assassinate vittime di “un’epidemia silenziosa”, che non hanno avuto ancora giustizia, per le loro famiglie devastate, per tutti noi che non dobbiamo mai smettere di indignarci e di combattere la barbarie. “Le parole contano: fanno male e anche salvano”, afferma la scrittrice che, con il suo romanzo, ridà voce ad una, a tutte le donne, al loro ricco e libero universo di emozioni.





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