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COVID-19, fobia collettiva

di Gilda Notari

Numero 207 - Febbraio 2020

Come va considerata da un punto di vista del “pensiero” quella che è diventata una psicosi mondiale? Ecco le opinioni dei massimi sociologi e filosofi del nostro tempo


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Ormai a livello sanitario e scientifico siamo tutti diventati competenti e opinionisti del Corona Virus, che ha condizionato la vita in Italia in questo periodo. La società italiana, divisa tra il social pensiero sugli immigrati e la politica interna, si è trovata improvvisamente di fronte ad un pericolo esterno, un pericolo sanitario giunto da lontano, da una Cina che già in passato aveva condizionato l’occidente con la SARS e che ora nuovamente diventa un pericolo per una infezione respiratoria di cui non avevamo consapevolezza e che ci ha fatto andare fuori di testa, a tutti i livelli della società italiana. -taglio-Ma cosa ha determinato quella che è di fatto diventata una fobia collettiva, abbiamo ascoltato i pareri non di medici o di scienziati, che per ora abbiamo visto e sentito su tutti i talk show nazionali e internazionali, ma di chi esamina i fenomeni sociali da un punto di vista del pensiero, delle emozioni, di ansie e paure che diventando collettive, portano a vere e proprie psicosi e comportamenti irrazionali. Ma come è iniziato tutto ciò? “Probabilmente il pericolo “Corona Virus”, ci ha posti di fronte ad una materialità che ancora di più mette a rischio rapporti interpersonali reali, già segnati da una virtualità cavalcante.” – spiega il sociologo Antonio Giangrande – “ Tale emergenza sanitaria, che certo si ascrive nel filone classico delle epidemie e delle pandemie, ma che deve fare i conti con un contesto storico e ambientale segnato dalla globalizzazione, dalle interconnessioni mondiali, e, quindi, diverso da quello delle altre epoche storiche. Ecco che si conferma l’accezione che siamo una “società del rischio globale”. In tale società, secondo E. Giordano, quando un virus reale e non informatico viene focalizzato, è già troppo tardi per circoscriverne e isolarne i focolai; in questi frangenti le collettività entrano in agitazione, in cui possono essere liberate, nel momento più imprevedibile ed anche più inopportuno pericolose tendenze psicopatiche, che trovano nell'ambiente un fertile terreno che le accoglie e le diffonde, dato che la folla accomuna il saggio e lo stolto, il colto e l'ignorante, compromettendo in tutti gravemente la facoltà di critica. Tanto più gravi appaiono queste constatazioni, in quanto enormi responsabilità possono gravare su di una collettività, senza che i componenti di essa siano incolpabili singolarmente. Uno studio pubblicato su Current Opinion in Psychiatry: “Gli episodi di una psicosi collettiva possono essere perpetuati da diversi fattori, quali l’esposizione fisica o visiva alle persone già colpite, dal livello elevato dello stato di eccitazione generale, dalla presenza sul posto di giornalisti, dal fatto che qualcuno emette una specifica diagnosi organica per quanto sta accadendo, dalla persistenza delle voci che corrono”. A tutto questo sono di sicuro stati esposti tutti i cittadini italiani, improvvisamente diventati gli “untori” d’Europa e ancora più pesantemente quelli della zona rossa, “sigillati” in un “cordone sanitario”, che in maniera quasi surreale ha messo in ginocchio l’economia e la vita delle persone. Come faccia l’isteria di massa a diffondersi così rapidamente non è ben chiaro. Secondo gli psichiatri di Taiwan Yao-Tung Lee e Shih-Jen Tsai, autori di un articolo sulla patogenesi dell’isteria di massa, pubblicato sulla rivista Medical Hypoteses, potrebbero essere coinvolti i neuroni specchio. “Oggi si conosce bene l’esistenza del sistema neuronale rappresentato dai neuroni specchio, presente sia nelle scimmie sia negli esseri umani — spiegano — Attraverso questo sistema, quando si osserva un’azione, le strutture nervose coinvolte nell’esecuzione delle azioni osservate sono reclutate nel cervello dell’osservatore, come se fosse lui a eseguire l’azione. Questo sistema consente a un individuo una conoscenza esperienziale dell’azione osservata, senza azioni motorie. -taglio2- Questo vuol dire che negli essere umani il sistema dei neuroni specchio si attiva nell’osservare le azioni degli altri, il che aiuta a comprenderle, ma esiste una sorta di blocco motorio che fa sì che l’osservatore non compia egli stesso quelle azioni, il che non sarebbe appropriato». Secondo i due autori, nell’isteria di massa «è probabile che la componente inibitoria automatica del sistema di neuroni specchio possa non funzionare bene in alcune persone, dal che deriva un comportamento di imitazione collettiva, fino alla diffusione in vera e propria isteria di massa”. Un esempio è di sicuro, in questo contesto storico-epidemico del Corona Virus, quello di vedere in Tv uomini e donne, adulti e bambini, camminare in strada con le mascherine, ascoltare i consigli di una igiene che si dovrebbe sempre attuare, e immediatamente sentire la necessità di andare a fare incetta di mascherine, amuchina, disinfettanti, svuotando gli scaffali degli esercizi commerciali, per paura di restarne senza, pur non vivendo in zone dove sono apparsi casi di contagio. “Più che di psicosi collettiva si dovrebbe parlare di episodio psicotico temporaneo, durante il quale la mente dei singoli coinvolti dalla paura di contagio è attraversata da un panico completamente irrazionale, che ha azzerato la capacità di lettura della realtà” - afferma lo psicoterapeuta Luciano Peirone – “Di fronte a una paura che compromette la salute, si può perdere la testa e ciò dà spazio agli istinti primordiali.” E’ arrivato dunque il momento di capire come può essere superata tale “Isteria di Massa”. “Considerando che la prevenzione e tutte le precauzioni del caso sono fondamentali, allo stato attuale molti psicologi e soprattutto sociologi si stanno interrogando sul perché questa malattia stia generando tanta paura e attenzione.” – spiega Stefano Tricoli, Psicologo – “La conseguenza di tutto ciò è sicuramente lo stress verso qualcosa di nuovo e di potenzialmente nocivo e mortale, di cui non si conosce bene la causa e di cui ancora non è stato scoperto un vaccino. Un concetto fondamentale è quello di influenza sociale, ovvero la pressione che il gruppo esercita sui singoli individui alterandone percezioni, opinioni, atteggiamenti e comportamenti. Dunque un singolo individuo è inserito all’interno di un contesto sociale e ne è inevitabilmente influenzato, ma nel caso del coronavirus la percezione non è tanto legata a quel fenomeno di influenza reciproca quanto piuttosto dalla percezione del rischio. Al momento non esiste una ricetta vincente per convincere le persone a mobilitarsi non solo in situazioni di emergenza, come adesso ma anche in altre situazioni, pretendendo azioni concrete per la salvaguardia di sé e degli altri, se non effettuare una comunicazione che non inneschi l’allarmismo, ma al contrario dia fiducia, un’informazione seria potrebbe essere l’antidoto necessario. Senza mistificare o enfatizzare i fatti, per offrire strumenti di facile interpretazione che possano mettere le persone in condizione di operare un ragionamento nei confronti del rischio, senza per questo sottovalutare lo stesso. Essere, quindi, coscienti dei rischi reali, ma anche della possibilità di difesa da questi, ossia dal contagio”.


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