La nuova produzione di “Tosca” di Puccini è lo splendido taglio del nastro della nuova Stagione operistica del Teatro di San Carlo
A firmare la regia di questa bellissima “Tosca” è Edoardo De Angelis, vincitore del David di Donatello per la sceneggiatura di “Indivisibili”, regista di “Perez” e “Il Vizio della Speranza”, attualmente impegnato nella realizzazione della serie su Maradona. Nuovo al mondo della lirica, si cala nella “potenza emotiva di Giacomo Puccini”, lasciando che a parlare sul palco sia questa. Diretta da Donato Renzetti, sul podio dell’Orchestra e del Coro del San Carlo – istruito quest’ultimo da Gea Garatti – “Tosca” si avvale anche di un altro maestro: Mimmo Paladino per le scene. I costumi sono di Massimo Cantini Parrini, le luci Cesare Accetta. In scena anche il Coro di voci bianche del Teatro di San Carlo diretto da Stefania Rinaldi. Melodramma in tre atti, musica di Puccini, libretto di Giacosa e Illica, è tratto dal dramma omonimo di Victorien Sardou e vide la prima, trionfale rappresentazione a Roma, al Teatro Costanzi, il 14/1/1900. -taglio-Al Teatro di San Carlo in scena un cast di alto profilo, con Carmen Giannattasio che si alterna con Monica Zanettin nei panni di Floria Tosca, Fabio Sartori e Arsen Soghomonyan che interpretano Mario Cavaradossi, Amartuvshin Enkhbat e George Gagnidze nei panni del Barone Scarpia, Renzo Ran è Cesare Angelotti, Matteo Peirone il Sagrestano, Francesco Pittari Spoletta. “Per il Teatro di San Carlo – spiega la soprintendente Rosanna Purchia - Tosca è una produzione molto voluta anche perché Mimmo Paladino dona una sua opera al Massimo napoletano e segna il debutto di De Angelis: - “il clima che si è respirato in sala prove è di creazione – spiega - è raro vedere artisti di grande livello confrontarsi con tale apertura”. De Angelis e Paladino hanno iniziato a lavorare da maggio su questa versione di “Tosca” che colloca al centro i sentimenti che la musica di Giacomo Puccini esalta, ponendo in secondo piano la connotazione storica del dramma di Sardou, che Puccini amò vedendola interpretata da Sarah Bernhardt. “In “Tosca”, rispetto a tante altre opere liriche - afferma Mimmo Paladino - c’è qualcosa in più che affascina, che mi ha colpito: una sorta di inganno continuo, nulla è come sembra. Tutto è altro. Ognuno dei protagonisti non conosce quella parte di verità che lo porterà alla morte. La musica dice tutto: c’è l’alba, c’è la speranza di Tosca, c’è il dolore dell’orchestra – unica a sapere la verità - davanti alla gioia e all’ansia della protagonista. La musica sì, è senza tempo. Un pittore crea, rilegge il mondo per sensazioni. Lo spazio è quello dello spirito, è quello dell’artista che ascolta la Tosca. È senza tempo. È come riafferrare il valore eterno di Puccini, di Verdi, di Rossini… Questa materia musicale così ampia era desiderosa di questa prospettiva avanguardistica, dove l’arte si nutre di altra arte e tutti rischiano, innovando”. De Angelis afferma: “la storia può essere raccontata anche solo da una ruga; i segni, che rivelano il passato, il presente e il futuro, concorrono all'interpretazione, favorendo la postura, l'interazione tra i cantanti e lo stesso modo di cantare”. D’accordo col regista Carmen Giannattasio, che spiega: “anche ciò che non è visibile è stato fondamentale per stare in scena. Mi sento davvero onorata di far parte di questo allestimento. In questa produzione ciò che conta sono i sentimenti che vengono fuori e che sono sempre gli stessi. Floria vive il conflitto tra diva e donna, ha insicurezze, diversamente da come la si descrive, gelosa e arrogante e il suo uomo è conteso. Viene dalla periferia. In Sardou era una pastorella cresciuta in Convento. Ha fatto i soldi, ha bei vestiti e gioielli ma non riesce a cancellare il proprio background”. Afferma Edoardo De Angelis: “la scoperta più sorprendente sta nella ripetizione della poesia. Noi siamo fatti in buona parte di acqua, il resto è melodramma. Non è stato casuale affidarmi questa regia perché ho realizzato tutti film sulle donne: mi sono concentrato su Floria che prende in mano il proprio destino, che commette gesti estremi, e l’ho fatto senza portarmi scorie dal mio linguaggio abituale. Lo spettacolo sarà unico ad ogni-taglio2- replica, una vertigine! È stato bello lavorare con l’Orchestra e con lo straordinario Renzetti: dalle sue prove ho cercato di imparare, vedendo come drammaturgia e azione passano attraverso la musica. Tosca è un’opera che, più si rappresenta, più esprime la sua potenza poetica”. “Con “Tosca”, come nei titoli di tradizione – spiega Donato Renzetti – occorre muoversi nel rispetto totale della musica e la prima cosa da fare è eliminare le incrostazioni di stile accumulatesi in decenni di esecuzioni e restituire l’opera nella sua essenza. In particolare, con l’orchestra, occorre fare sempre un lavoro nuovo, perché c’è sempre un dettaglio, un colore, un tratto che si rivela all’improvviso. Quella di “Tosca”, oltre che bella, è una musica difficilissima; le maggiori insidie non sono nelle arie famose, nei duetti carichi di passione; la parte complicata sta proprio nel mezzo, tra le pieghe dei declamati drammatici, nel perseguire la perfetta adesione tra testo e musica. Ho diretto tante “Tosche”, anche moderne, che a volte ho poco apprezzato a causa degli stravolgimenti, ma De Angelis ha realizzato un qualcosa di nuovo pur restando completamente tradizionale con immagini irripetibili che non si vedranno più. “Tosca”, che ha anticipato Strauss ed “Elektra”, è come se fosse futurista anche se è meno vicina all’ammirazione che Puccini aveva per Stravinskij che manifesta, invece, in “Turandot”. Puccini era affascinato da Schönberg e Stravinskij e aveva sempre con sé uno spartito di Debussy. L’aria di “Turandot”, “Tu che di gel sei cinta”, è in pieno “La sagra della primavera”. Belle le scenografie, che precipitano in una dimensione senza tempo, in una periferia immaginaria – dove contano solo le passioni. Dal cinema il regista trae spunto introducendo elementi quali il pitbull Reginella, portato al guinzaglio dal “feticista” Scarpia; i colpi di pistola di Spoletta e di uno sgherro, in luogo del plotone d’esecuzione, per l’uccisione di Cavaradossi che cade zampillando sangue; i bei costumi fascianti color argento e oro di Tosca e tutti gli abiti di scena che esaltano un non luogo e un tempo non definito, sapiente il gioco di luci e forte il segno di Paladino che immagina, nel simbolico finale, un cielo composto di numeri. Altro elemento di innovazione, al posto del quadro dipinto da Cavaradossi, la modella (Lola Bello Durojaiye), che appare seminuda, nel primo atto, simbolizzando la “Maddalena penitente” di Guido Cagnacci. Novità che non toccano la messinscena, la direzione, l’esecuzione e soprattutto il grande lavoro di voci che restituisce tutta la bellezza dell’opera pucciniana. Strepitosa Giannattasio a lungo applaudita, così come Amartuvshin Enkhbat e Fabio Sartori. Brillante l’Orchestra, mirabilmente diretta da Renzetti, con l’ottimo lavoro dei Cori. Un esordio felice con un’opera potente che ha portato ad alte vette il melodramma che si affaccia al Novecento, con mirabili e toccanti pagine (la tortura e l’addio di Mario alla vita, il “Te Deum” e lo sfogo di Scarpia).