Debutta, in prima nazionale, al Teatro San Ferdinando di Napoli “Eden Teatro” di Raffaele Viviani
Prodotto dallo Stabile di Napoli-Teatro Nazionale e diretto dal regista franco argentino Alfredo Arias, già apprezzato per la regia di “Circo equestre Sgueglia”, del 2014; dopo il Teatro Eliseo di Roma lo spettacolo approda all’Athénée Théatre Louis-Jouvet di Parigi, con repliche fino al 29 maggio. “Eden Teatro”, primo dei lavori in due atti scritto da Viviani, fu rappresentato al teatro Umberto di Napoli il 10 marzo 1919. L’Eden di via Guglielmo Sanfelice era uno dei più famosi teatri di varietà. “Il music hall di Viviani – scrive Arias – è come la corda del funambolo sulla quale volteggia la fragilità dell’essere umano. Non c’è niente di più accattivante del mondo di queste dive sull’orlo dell’abisso che si contendono una sopravvivenza miserabile sul manifesto e sulle tavole di un teatrino, ultima speranza di un mondo o più precisamente fine di un mondo”. Il mondo ideato dal grande drammaturgo e portato in scena da Arias rende omaggio al Cafè- chantant e al cafè “Eden” di Napoli, dove lo stesso Viviani debuttò. -taglio- Un mondo en travesti, dove i personaggi maschili sono travestiti da donna, per dare vita al teatro di varietà, mostrando anche il dietro le quinte, i sogni sfumati, le passioni, soprattutto le fragilità di un mondo ormai in via di estinzione: il varietà degli anni ’20 e ’30, che ha fatto tanto sognare ma che non esiste più. Al suo posto, spiega Tatangelo, strepitoso Mariano Rigillo, sorta di Virgilio (e alter ego dello stesso Viviani) che racconta protagonisti, luci ed ombre di quel mondo artistico, nuove frivolezze nei gusti del pubblico sedotto dall’allora nascente cinematografo. E mentre Tatangelo-Viviani spiega tutto ciò, passa Wonder Woman, Gaia Aprea, simbolo di un mondo colorato e di un immaginario che di lì a poco avrebbe colonizzato le menti ed il gusto del grande pubblico. “I pochi paladini dell’arte – afferma Tatangelo – saranno schiacciati dal loro stesso sogno. E allora ti saluto bagascia!, ti dico addio, Eden Teatro”. Mariano Rigillo e Mauro Gioia leggono brani dell’autobiografia di Viviani, “Dalla vita alle scene”, e intanto sfilano i personaggi vivianei, dall’étoile Ester Legery (Gaia Aprea), “frivola per natura, falsa per abitudine, artistina dell’Eden”, a Carmen Zuccona (Mariano Rigillo), “la debuttante”, a Lea Cardillo (Paolo Serra), stella franco-italo-napoletana, da Lorenzo, factotum, buttafuori, sigaraio a Lulù-Buonmercato (Gianluca Musiu), divetta, Las Tinas Sirenas, esordienti (Gennaro Di Biase, Ivano Schiavi), il cantante (Mauro Gioia). Gli habituès dell’Eden Teatro sono Duca Malvino e -taglio2- Madama Righelli (Enzo Turrin), Camillo Vittima (Anna Teresa Rossini). Fantastica, come sempre ricca la lingua vivianea, con l’invenzione di originali termini legati al mondo del varietà, aggettivi, allocuzioni, storpiature della lingua italiana, francese e spagnola. La frivolezza di questo mondo mostra al contempo l’amarezza, la malinconia, il rimpianto per ciò che non è più. Un allestimento moderno, volutamente leggero ma ricco di citazioni del cabaret d’autore e del circo di felliniana memoria, con fedeltà ai testi. La riduzione dei ventisette personaggi a nove non incide in modo significativo sul senso dello spettacolo nel quale tocca agli attori impersonare più ruoli. Parte attiva del Cafè è anche l’orchestra, con le musiche eseguite dal vivo da Giuseppe Burgarella alle tastiere, da Pietro Bentivenga alla fisarmonica, Erasmo Petringa al violoncello; gli arrangiamenti musicali sono di Pasquale Catalano. Belle le scene di Chloe Obolensky, i costumi di Maurizio Millenotti, il disegno luci di Cesare Accetta. Belle le canzoni di Viviani della piéce, alla quale sono state aggiunte due mai inserite in altri lavori, “Catena” e “’O marenaro ‘nnammurato”, e ancora “’O Pesce Nicolò”, una poesia musicata da Catalano. Si sentono anche le note di “’O sole mio”, un omaggio alla cultura napoletana, alla sua storia, al grande Viviani, drammaturgo internazionale. Belli i costumi, le canzoni, la prova d’attori ma rimane qualcosa di irrisolto nella messa in scena.