Il grande artista ci parla dei suoi ultimi progetti artistici dove la musica, suo amore sconfinato, regna sovrana
Bobby Solo non è solo un grande artista che ha scritto un capitolo importante della musica italiana, ma è anche un personaggio che siamo abituati a considerare “di famiglia”. -taglio- Con le sue canzoni ha fatto da colonna sonora a più generazioni e continua a farlo, con energia e ispirazione. Il suo ultimo singolo “Indiano” (pubblicato dall'etichetta discografica Videoradio e Videoradio Channel diretta da Giuseppe Aleo), che anticipa un album di prossima uscita, parla di una persona che, in un istante, capisce che l'unica strada percorribile nella sua vita è quella di seguire l'esempio di un amico indiano che viaggia nel mondo, scrutando il cielo delle notti stellate, visitando luoghi straordinari e incontrando tante persone strane. Recentemente Bobby Solo ha anche girato a Ferrara "La paura di vincere", un cortometraggio diretto da Roberta Pazi e tratto dal racconto del chitarrista, autore e scrittore Carlo Zannetti, che collabora con lui da qualche anno. Noi l'abbiamo intervistato per saperne qualcosa di più... Com'è nato il suo nuovo singolo “Indiano”? «Il testo è stato scritto da Carlo Zannetti (chitarrista, autore e scrittore), con cui collaboro da diverso tempo e che è un ottimo paroliere. Oggi è davvero difficile trovarne (a differenza di quanto succedeva negli anni'60), con tutta questa musica rap i cui testi sembrano dei manoscritti! Il segreto della vita è la sintesi e la canzone è come un film audio di tre minuti scarsi, in cui ci si può facilmente identificare. “Indiano”, per esempio, mi ha colpito fin da subito perché mi rispecchia essendo io uno spirito libero.» E poi, musicalmente, ha quell'anima blues che da sempre le appartiene... «Il mio amore per il blues è nato più cinquant'anni fa. La mia luce è stata Elvis, ma io non sono un fanatico di lui con le frangette, sono sempre stato innamorato più della musica che del look anche se il nostro mondo è chiamato show-business ovvero business del far vedere e anche l'immagine è importante. Sapete come l'ho conosciuto? Da ragazzino mi ero innamorato di una pupetta di 14 anni bionda e con la coda di cavallo, che era figlia di un giornalista del New York Herald Tribune che stava a Roma. Lei mi parlava sempre di Elvis e io, per piacerle, ho iniziato a farmi la pettinatura come la sua con il ciuffo, ma lei mi diceva che però io non cantavo. Così mi sono fatto spedire dalla mia sorellastra Fiorenza, che era più grande di me (mio papà era infatti il secondo marito di mia mamma), cinque dischi di Elvis direttamente dall'America dato che lei viveva lì con suo marito chirurgo. Fin da subito sono rimasto affascinato dal suono, delle chitarre, dei cori ecc. Albert Einstein disse che il tempo è la quarta dimensione, invece per me la musica è la quinta. È una cosa che, a differenza della parola, non può tradire (posso infatti fare una promessa e non mantenerla, ma se faccio una nota sbagliata si nota subito che ho stonato) e poi è universale, comprensibile al di là della lingua. È un modo di comunicare, come la telepatia.» Tra i suoi progetti c'è anche un album di blues giusto?-taglio2- «Si, come dicevo è un genere che amo da sempre, ma fino a qualche anno fa non riuscivo a portarlo in tv, l'unico che me lo faceva suonare era Red Ronnie (che è anche un mio caro amico nonché testimone di nozze di me e mia moglie Tracy). Per fortuna poi le cose sono cambiate e ho eseguito delle canzoni blues in trasmissioni come Domenica In di Mara Venier e BellaMa' di Pierluigi Diaco.» Di recente ha recitato anche nel cortometraggio “La paura di vincere” diretto da Roberta Pazi. Ci parla di questa esperienza? Lei tra l'altro in passato, ai tempi dei mitici musicarelli, aveva già avuto delle esperienze come attore... «In questo corto, che è tratto sempre da un racconto di Carlo Zannetti, interpreto un chitarrista-cantante che sta lavorando in un bar dove ad un certo punto entra un giovane direttore d'orchestra. Sono stati bravi a farmi fare qualcosa di congeniale a me. La regista ha detto che non pensavano avrei fatto questo ruolo così bene! Nel 1964 feci “Una lacrima sul viso” che, all'epoca, incassò 800 milioni. Mi ricordo che ci obbligavano a fare film in pochi giorni e ci davano tanto caffè affinché potessimo reggere il ritmo. Io ero molto timido e riuscii a tranquillizzarmi solo dopo un mese: peccato che avevano girato il finale all'inizio, così nel film parto disinvolto e finisco imbranato. In seguito, in realtà, ho frequentato pochi set cinematografici come quello di “Zingara” (nel 1969) e ho fatto una piccola parte in "Donne... botte e bersaglieri" con Little Tony (nel 1968).» Come ci si sente ad essere considerato un mito, una icona della musica italiana? «Ci si sente coccolati e tranquilli. Ho avuto una vita con alti e bassi, ma ora è una fase stabile e rendersi conto che milioni di italiani ti vogliono bene è bellissimo. Mi diverto tanto con la musica e devo dire che, dopo i 75 anni, non è passata in secondo piano, anzi continuo a divertirmi con essa. La musica è la mia vita.» A tal proposito sbaglio o sta lavorando a diversi progetti musicali in questo momento? «Si, oltre al progetto blues, sto lavorando con Carlo Zannetti a un album in cui con la mia voce in stile crooner interpreto alcune canzoni dei più grandi cantautori italiani (da Vasco Rossi a Ligabue, da Claudio Baglioni a Lucio Battisti). E poi sto realizzando, con un mio amico di Salerno, un lavoro in cui io canterò in inglese delle canzoni napoletane.» Che rapporto ha con i social? «Mia moglie si occupa del profilo Instagram, perché quello Facebook me l'ha rubato un hacker. Prima o poi entrerò in X / Twitter, perché mi sembra il social giusto per parlare anche di argomenti diversi che mi stanno a cuore, come il riscaldamento globale ecc.» Quali sono le sue passioni oltre la musica? «Ne ho tante. Nel mio Kindle, per esempio, ho circa duecento libri di argomenti diversi, dall'astrofisica alla biologia, dallo yoga alla medicina naturale.»