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Barbaro eppur grande è lo straniero

di Franco Salerno

Numero 214 - Ottobre 2020

Maghe ed assassine, eroi e puritani: questo e molto altro era la “diversità” nella capitale del mondo classico


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Un nuovo protagonista della storia americana e contemporanea si va affermando: è il “Black Lives Matter” (letteralmente significa "Le vite dei neri contano"), che è un movimento nato nel 2013 all'interno della comunità afroamericana. Esso ha come obiettivo l’impegno nella lotta contro il razzismo e nella denuncia delle violenze della Polizia statunitense contro le persone nere.-taglio- In questi giorni esso sta facendo sentire la sua voce durante le proteste per la morte di George Floyd avvenuta nel corso di quest’anno. Questo movimento, a mesi di distanza dalle prime proteste, continua a fare notizia e a conquistare proseliti, estendendo il suo impegno anche ad altre campagne di sensibilizzazione. Ma noi osservatori occidentali ci chiediamo: queste campagne e queste lotte riescono ad ottenere -nei confronti delle discriminazioni di ieri- risultati validi e duraturi per un domani con maggiore uguaglianza? Per saperne di più, cerchiamo di capire come i nostri Padri del mondo classico hanno affrontato il problema della convivenza con gruppi etnici diversi ed estranei rispetto alla società italica e ai territori dell’Impero, in cui vigeva la supremazia romana. Diciamo subito che, nelle linee generali, il concetto di “diversità” nel mondo antico era concepita soprattutto a livello etnico. Gli antichi Greci chiamavano “barbari”, cioè “balbettanti”, gli stranieri, poiché non sapevano parlare il greco. Eppure da questa marginalità dello straniero nasce un personaggio femminile della tragedia classica, davvero immortale, Medea. Ella, maga e straniera, figlia del Sole e di Circe, uccide i propri figli per vendicarsi del marito Giasone che l’ha abbandonata.-taglio2- E -passando alla letteratura latina- Seneca ha ripreso questo mito, scrivendo su Medea una indimenticabile tragedia e ponendo sulle sue labbra delle parole tremende eppur grandiose, mentre sta uccidendo i figli: “Anche quando avrò ucciso i miei due figli, sarà troppo poco per appagare il furore che mi rode! E, se nel mio grembo si nasconde ancora qualche creatura, io frugherò le mie viscere con la spada e la strapperò fuori con il ferro!”. La visione terribile dello straniero si attenua nel corso della storia imperiale, quando uno storico eccelso, Tacito, si accorge che i Germani, i “barbari” per eccellenza, vivono in una civiltà arcaica sì, ma sana e forte. I re vengono eletti dal popolo, i generali vengono scelti in base al loro valore sul campo di battaglia, l’adulterio è severamente punito, i giovani sono sprezzanti del pericolo. Tutto il contrario di quel che avviene a Roma, dove corruzione e affarismo regnano sovrani. Insomma, gli stranieri Germani sono quello che Tacito vorrebbe che fossero i Romani. Da allora anche Roma imparò e iniziò a fare i conti con etnie diverse e a dare vita davvero a un grande Impero fondato sul meticciato e sull’accoglienza di tutte le stirpi.





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