A Luis Vicente Gramet uno dei premi per la genialità delle idee e all’innovazione durante l’ultima Biennale di Salerno
La Terza Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno, inaugurata il 6 ottobre scorso, con un fantastico e coinvolgente flash mob di percussionisti guidato dal Maestro Paolo Cimmino ha visto tra i premiati fuori concorso, anche l’artista argentino Luis Vicente Gramet, componente del Comitato scientifico, in qualità di curatore degli artisti argentini. Questa volta si è superato, proponendo una Biennale Intercarceraria. Un’idea innovativa, dal forte carattere sociale, potremmo definirla geniale per le motivazioni. Non a caso, dunque, Gramet ha ricevuto l’ambitissimo premio dedicato all’archistar più famosa del mondo, Zaha Hadid, scomparsa qualche anno fa, un premio assegnato per ‘la genialità delle idee e all’innovazione’. Scambiamo qualche parola con Gramet in uno dei più esclusivi ritrovi della Salerno che intende con determinazione continuare a tirare avanti con la schiena dritta camminando verso la “direzione della cultura”. Gramet è totalmente innamorato della city salernitana già dalla sua prima venuta in Italia, nel 2014.-taglio- “Questa città di mare, attraverso linee ben specifiche, ha deciso con l’istituzionalizzazione di questo evento d’arte, il suo processo di cambiamento chiudendo con gli anni bui ed anonimi del passato. Tutto questo grazie alla tenacia dei curatori Olga Marciano e Giuseppe Gorga. Questa è una nuova città che guarda con ottimismo al futuro sfoderando l’arma della cultura e tenendo ben gonfio il petto grazie all’arte.” Luis Gramet per questa edizione ha portato a Salerno le opere dei tre vincitori. Un progetto davvero innovativo e rivoluzionario teso alla reintegrazione nella società civile dei reclusi, che offre loro un sogno da poter realizzare o la gioia impagabile ed indescrivibile di poter liberare, per quanto basta, l’anima dai reati che li hanno portati -purtroppo- a scontare pene in Istituzioni carcerarie. Possiamo ampiamente dire che il premio Zaha Hadid, all’interno dell’evento Biennale di Salerno, è stato conferito per la genialità delle idee (qui potremmo ripeterci), ma quello che conta è che Gramet, con la sua idea di re inclusione, ha messo giù le sue carte assolutamente in regola, per potersi fregiare del premio. “L’idea della Biennale Intercaceraria viene fuori da una proposta dell’associazione che presiedo e che si chiama ‘Il Neurone della Verità’. Per chi non conosce l’Istituzione ‘carcere’ ed il suo funzionamento, posso affermare che varcare la soglia di una prigione per la prima volta - sebbene io lo abbia fatto per motivi che esulano da condanne, ma vi sono entrato per ‘motivazioni artistiche e sociali’ - è come entrare in un altro mondo. ‘Introdurre l’arte’ in quel mondo è già un modo per cominciare a fare qualcosa. Le carceri si popolano di individui che, per circostanze, per decisioni sbagliate, per impulsi poco onorevoli e per altri infiniti motivi, vengono allontanati dalla società e sottoposti ad un periodo di isolamento punitivo. È risaputo che, anche dalla privazione della libertà, possano instaurarsi nelle persone delle tendenze espressive. Dunque, oltre a mantenere impegnati i detenuti, si cerca di innescare in loro un giovamento culturale ed un beneficio personale, nel poter trascorrere di tante ore morte, che scappano via tra le inferriate. Attraverso l’arte li si può avviare verso un viaggio interiore, è uno dei modi più efficaci per fargli esplorare i luoghi nascosti della propria essenza. Soltanto conoscendo più profondamente se stessi, potranno valorizzarsi e proiettarsi fuori dalle carceri, per poi riuscire a reintegrarsi nel tessuto sociale. Prospettando loro una via di uscita creativa per l’espressione personale, si indica un metodo di autorigenerazione ed -taglio2- autoguarigione, sempre valido anche per le persone che sono in situazione di privazione forzata della libertà. Si cerca di provocare un cambiamento, non solo nell’atteggiamento esteriore, ma soprattutto, nelle profondità nascoste dell’animo, o quantomeno, si tenta di alleggerire le pene dei giorni di reclusione, restituendo ai detenuti la fiducia in se stessi, orientandoli a lavorare sul proprio miglioramento, la volontà e la perseveranza. La prigione ha una via di uscita ed è paradossale che alcuni l’abbiano trovata dentro. Il potenziale dell’arte per sollevare le dure condizioni della privazione della libertà è altissimo ed è capace di trasformare l’individuo. Aldilà di qualunque snobismo da esteta, poche motivazioni sarebbero più sublimi di questa, per l’atto artistico. Il diritto dei detenuti alle arti e alla cultura si basa sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. La povertà culturale è un fattore di esclusione, più della povertà economica. Avvicinare i detenuti all’arte, dunque, rappresenta per loro una delle opportunità più efficaci per ricostruire l’immagine di se stessi, una valorizzazione dell’io, quasi sempre dilapidato. Obiettivo della Prima Biennale Intercarceraria, realizzata in Argentina, non è stato quello di costruire un’aureola di santità ai reclusi, ma semplicemente si è tentato di mettere in pratica ciò che l’ONU ha stabilito nell’obiettivo 16 dell’Assemblea dell’anno 2015, nel quale si recita che: ‘…Per coloro che vengono allontanati dalla società con un fine correttivo, per il successivo inserimento, si dovrebbe prestare speciale attenzione. Per coloro che non abbiano alcuna possibilità di recupero, cercare di rendere la vita umanamente tollerabile’. Grazie all’opportunità che mi viene offerta dalla Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno, in qualità di ambasciatore della Biennale in Argentina, ho l’onore di presentare, in questa Terza Edizione, attraverso l’Associazione civile che presiedo ‘Il neurone della Verità’, le opere dei tre reclusi vincitori del Bando di concorso del 2017, nella Città di San Nicolás, in provincia di Buenos Aires.” Gramet poi, ci spiega ancora il beneficio importante della missione che dal 2019 si allargherà a tutta la Nazione biancoceleste. Un’ultima domanda si riferisce alla Biennale di Salerno. Ci risponde commosso: “Il livello delle opere che ho visto è altissimo. È un evento in forte ed evidente crescita. La Biennale di quest’anno è irripetibile per il forte senso di libertà espressiva che si respira tra le opere in mostra e per la ricerca espressiva che si rende evidente, anche grazie alle nuove sezioni proposte.”