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Anche a Roma dissero no

di Franco Salerno

Numero 229 - Aprile 2022

La civiltà classica sembra bellicista, ma in fondo non disdegnò il pacifismo. Un breve viaggio negli aforismi latini dedicati al tema della guerra


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L’immane tragedia di una guerra ingiustificabile sta martoriando l’Ucraina. Una guerra terribile, che giunge dopo la pandemia; una guerra che non guarda in faccia a nessuno; una guerra che falcia giovani e vecchie esistenze. Ed essa rischia di andare oltre i confini locali per contaminare anche territori più lontani. -taglio-Popoli e cittadini comuni da sempre hanno pensato che rispetto alla guerra sia di gran lunga preferibile la pace, in cui si vive liberi e capaci di progettare il futuro. Per avere le idee chiare, è utile andare a vedere che cosa hanno pensato e come si sono comportati gli uomini dell’antica Roma, nostri padri e fondatori illustri di una Civiltà che parla ancora al nostro cuore. Certo è proprio nell’antica Roma che era diffuso il concetto “Chi desidera la pace prepari la guerra”, formulato con tali parole dal funzionario e scrittore romano Publio Flavio Vegezio Renato (IV - V sec.). Ma Cicerone aveva già citato il motto “Se vogliamo la pace, bisogna fare la guerra”. E con parole poco diverse si erano già espressi Livio (“Mostrate solo la guerra: avrete la pace”) e Publio Siro (“Bisogna provvedere in pace a ciò che può servire in guerra”).
Però, già nell’antica Roma questo concetto fortunatamente venne superato da tesi opposte: ad esempio, dalla massima “Migliore e più sicura è una pace certa rispetto a una vittoria solo sperata” citata da Livio, il quale la attribuì ad Annibale che invitava in un suo discorso alla prudenza, distinguendo la “pace certa” che sta nelle nostre mani e la “vittoria sperata” che sta nelle mani degli dei. Lo stesso Cicerone coniò una attualissima correzione ai succitati motti bellicisti, dicendo -taglio2-“Le armi facciano posto alla toga e il trionfo militare all’eloquenza”: egli così conferisce importanza alla discussione, alla diplomazia, alla legge, al diritto, che di sicuro sono più produttivi delle armi, della violenza e della sopraffazione. E oggi di queste discipline e di queste virtù bisognerebbe “armarsi” per vincere la corsa autodistruttiva alla guerra. Di questa -dissero gli antichi- molti fattori sono imperscrutabili e sfuggono ad ogni calcolo razionale: lo sostennero innanzitutto i Greci, da Aristotele a Polibio. E gli scrittori antichi non sottovalutarono un elemento psicologico relativo alla guerra, come l’odio verso quest’ultima da parte delle madri, concetto di derivazione oraziana. È evidente da queste citazioni come si sia verificata nella cultura latina una sorta di revisione e correzione della massima che celebra la guerra come fonte di pace da cui siamo partiti. I Romani si vantavano di aver creato una “pace Romana”: in realtà entro questa pace, secondo gli scrittori cristiani, fu possibile la diffusione del Cristianesimo, di cui nel tempo fu splendida espressione il francescano saluto “Pace e bene”. La nostra speranza è che, in questi giorni dell’orrore cupo, a trionfare sia proprio questa cultura di pace. Luminosa. Fulgida. Salvifica.





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