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Alter ego

di Maresa Galli

Numero 204 - Novembre 2019

“Notturno di donna con ospiti” opera teatrale assolutamente da non perdere, nella quale la parola d’ordine è: sperimentare


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Mario Scandale, regista formatosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, mette in scena, per la Compagnia dell’Accademia, “Notturno di donna con ospiti”. Presentato da TieffeTeatro Milano, in coproduzione con l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico - Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, lo spettacolo è nato due anni fa come saggio dell’Accademia. Si tratta della versione del 1982 del testo di Annibale Ruccello, con Arturo Cirillo nei panni della protagonista, Adriana. “L’allestimento – scrive Carlo de Nonno - rappresenta uno studio, realizzato per il saggio di diploma del regista Mario Scandale, su una versione non definitiva del testo “Notturno di donna con ospiti” di Annibale Ruccello. Per questo suo carattere sperimentale, sono presenti notevoli differenze di contenuto e di scrittura rispetto alla stesura originale dell’autore, in particolare nel finale e nella scelta di far interpretare a un attore il ruolo femminile di Adriana. La rappresentazione è stata, comunque, da me autorizzata, anche in considerazione del grande impegno profuso da tutta la compagnia, attori e tecnici, e in segno di gratitudine verso l’Accademia Nazionale d’ Arte Drammatica Silvio d’Amico per avere ospitato tra le sue realizzazioni un testo del compianto Annibale Ruccello”. Del lavoro ruccelliano esistono due versioni: “Una tranquilla notte d’estate”, che Annibale Ruccello scrisse in una trilogia ideale con “Le cinque rose di Jennifer”, e “Week-end”. -taglio-Tutte e tre le pièce sono una profonda lettura dell’animo femminile e, insieme, uno spaccato antropologico, analizzato così finemente dal compianto drammaturgo stabiese. Molti ricorderanno la versione di “Notturno” che ha visto protagonista Giuliana De Sio, per la regia di Enrico Maria Lamanna. Cirillo, nell’interpretare Adriana, non finge di essere una donna, ma la rappresenta attraverso alcuni effetti femminili: indossa pantofole colorate, una collana, si dà il rossetto, indossa una pancia posticcia, che simula una nuova gravidanza. E pochi, essenziali al racconto di routine familiare sono gli elementi scenici ben creati dallo scenografo Dario Gessati: un tavolo, un frigo, una poltrona e un televisore. Adriana, tipica casalinga della provincia napoletana, si prende cura del marito Michele, metronotte e dei due figli, preoccupandosi ossessivamente del raffreddore del più piccolo, Alfredino. La sua monotona, rassicurante giornata è scandita dal preparare le colazioni di lavoro e dall’attendere Michele, guardando i suoi programmi preferiti in tv (accompagnati da jingle pubblicitari), dalla quale spesso viene fuori un fastidioso, interminabile rumore di fondo. Una sera, accade qualcosa: giungono a casa sua quattro personaggi, non invitati: sono volti del passato: Rosanna (Giulia Trippetta), arrogante compagna di scuola di Adriana; Arturo (Giacomo Vigentini), mediocre marito di Rosanna; Sandro (Simone Borrelli), rude ex fidanzato di Adriana; Michele (Massimiliano Aceti), presentatore televisivo e la sua valletta, Giovanna (Giulia Gallone); il signore Imparato (voce di Giovanni Ludeno) e la signora Imparato (voce di -taglio2-Antonella Romano), i genitori di Adriana, ingombranti, spettrali presenze nella vita frustrante, repressa della donna. Entrano ad uno ad uno sul palcoscenico della vita, che fa il verso ai programmi degli anni d’oro della tv, introdotti da celebri canzoni interpretate da Mina, avvolti nei bei costumi sgargianti di Gianluca Falaschi – di contro il grigiore della ripetitività, della periferia, della rinuncia ai sogni – esplodono il colore e le paillettes. In una sola notte di follia, tra alcool, musica, rimpianti, Adriana taglierà con la propria vita di plastica per trasformarsi, nel finale originale, in novella Medea. I personaggi, sorta di alter ego, di dolorosa, allucinata memoria, festeggiano il compleanno di Adriana, presa dai suoi fantasmi reali, dal dialogo col padre morto, ingombrante presenza, dalle critiche della madre, dispotica e persecutoria. Nel finale di Scandale, Adriana piomba in un sonno profondo, liberatorio, straniante che somiglia alla morte. “Il sonno che si trasforma in incubo – spiega il regista – è generato dalla profonda solitudine di un essere che deve inventarsi persino i propri persecutori e non trova pace nemmeno nel “suonno” di una notte d’estate”. L’impasto linguistico di italiano e napoletano svela una Napoli notturna e crudele, dai drammatici interni domestici, fino all’incubo, all’irreale. Arturo Cirillo, mirabile interprete, sa rappresentarne ogni sfumatura, renderne ieratici il gesto, la lingua, come in un rituale. Completano il bel lavoro il disegno luci di Pasquale Mari, l’accogliente, intima sala del Piccolo Bellini di Napoli affollato da un pubblico attento e prodigo di meritati applausi. Universalità del teatro di Ruccello, bravura di Cirillo e degli attori in scena. Un lavoro da non perdere.





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