Questo il titolo del primo album dell’affascinante trio vocale napoletano Kalika, pubblicato da Soundfly. Un lavoro prezioso ed evocativo, tra musiche e culture, dal Mediterraneo all’Oriente.
Le Kalìka sono il trio composto da Vania Di Matteo (voce), Anna Rita Di Pace (voce e violino) e Giulia Olivieri (voce) – con la direzione musicale e gli arrangiamenti a cura di Gianluigi Capasso. Il terzetto sboccia per caso da una fortuita collaborazione musicale, divenuta prima un progetto vocale a cappella, tutto al femminile, impreziositosi poi con la collaborazione di un ensemble di musicisti. -taglio- In linea con il principio del "nomen omen", in lingua hindi la parola kalìka significa “bocciolo”, e proprio l’immagine di un fiore in potenza, qualsiasi fiore, colto nell’attimo prima di manifestarsi in tutta la sua piena bellezza, è parso adeguato per nominare questo progetto. Tre donne, tre voci e tre anime si sono incontrate e scelte tra le righe e nelle note di originali riarrangiamenti di brani editi attinti dalle diverse esperienze musicali in gioco, e di pezzi inediti tutti da scoprire. “Ago, filo e parole…” è un’opera suggestiva, aperta e chiusa da una ouverture e un epilogo che raccolgono il senso del disco registrato, missato e masterizzato da Fabrizio Piccolo presso Auditorium Novecento a Napoli. Insieme alle tre vocalist e a Gianluigi Capasso alle chitarre e agli arrangiamenti, partecipano Aldo Capasso al contrabbasso, Francesco Varchetta alla batteria, Pasquale Benincasa alle percussioni, Luigi Esposito al pianoforte, Isabella Parmiciano al violino, Nicola Giordano alla viola, Pasquale Termini al violoncello, Luigi Pelosi al contrabbasso. Il primo concerto di presentazione è stato domenica 16 aprile al Teatro Trianon Viviani a Napoli. L’album recupera l’immagine archetipa di una Donna, pensata quasi come una moderna Penelope che si racconta, seduta dinanzi al telaio della sua anima, dedita ad una pacifica industriosità mentre attende qualcuno o qualcosa.-taglio2- Ella intreccia così, con abilità e sapienza, parole e musica per raccontarsi e raccontare, allo stesso tempo, amori impossibili, vissuti sotto i cieli d’oriente, le notti insonni, trascorse nel pensiero costante dell'amato assente, le melodie dedicate a Selene, dea bella e luminosa che amava l’oscurità avvolgendosi nel suo abbraccio. I ricordi, l’attesa, le suggestioni antiche e mistiche si mescolano per dare vita all'arte di cui la donna si fa artefice, consapevole e appassionata. Ella rinasce, quindi, dopo l’attesa paziente ed incomincia a cantare sè stessa, l’amore, la vita. Il brano che titola il disco, invece, trae ispirazione direttamente dall’eloquente citazione di Roland Barthes, nell’introduzione al testo Lettere di Eroine di Ovidio, a cura di Gianpiero Rosati per BUR. “E’ la Donna che dà forma all’assenza, che ne elabora la finzione, poiché ha il tempo per farlo; essa tesse e canta; Le Tessitrici, le Canzoni cantate al telaio esprimono al tempo stesso l’immobilità (attraverso il ronzio dell’Arcolaio) e l’assenza (in lontananza, ritmi di viaggio, onde marine, cavalcate)”. Pensato, nelle parole e nella musica, come un rituale cantato, questo brano funge da overture ed epilogo di cerchio musicale che comprende sei brani, cinque inediti ed una reinterpretazione.